domenica 27 febbraio 2011

LA TERZA VIA

Credo che a molte persone adulte che non abbiano ancora formato una propria famiglia (o al contrario, proprio perchè ce l'hanno...) sia venuto il dubbio, magari in una mattina nebbiosa, imbottigliati nel traffico di un'arteria stradale di un'anonima periferia, mentre si sta cercando di raggiungere l'ufficio: "ma che ci sto a fare qui?".
Mollo tutto! Le solite routines, i soliti amici al bar, il solito lavoro e quelle merde dei capi, le solite faccie tirate e incazzate, le fighe – comprese le cesse – che se la tirano....BASTA!
Personalmente, nella mia routine ci sto abbastanza bene, quel tanto che basta per non prendere in considerazione l'ipotesi di andare a vivere dall'altra parte del mondo se per farlo dovrei continuare a lavorare.
Già, se uno volesse andare a vivere là (con là intendo una qualsiasi località che si affacci su un mare tropicale), che lavoro potrebbe fare?
O lavori per una società europea/americana e ti spediscono là - ma nessuno mi offrirà mai un posto del genere - oppure i lavori degli "indigeni", considerato il loro tenore di vita, mi fa pensare che non siano così redditizi: fare ad esempio il pescatore può essere una visione esistenziale molto poetica, ma in pratica c'è da farsi un culo tanto da rimpiangere la catena di montaggio della fiat.
Non ci ho pensato su molto e probabilmente ci saranno altre possibilità, ma a me ne vengono in mente solo due di possibilità lavorative : introdursi nel settore del turismo o in quello del commercio, magari con import-export.
Massima stima per gli animatori turistici: forse non prenderanno molto in termini di denari, ma con vitto e alloggio spesato, oltre al benefit di quasi tutte le villeggiatrici occidentali, che da bravi mogliettine nei villaggi si trasformano - non si sa bene perchè - in ninfomani assatanate di carne fresca.
Ma certo, è un lavoro che a meno che non diventi capo villaggio può durare solo qualche stagione della nostra gioventù, e comunque io ormai sono out.
Ristorazione o alberghiero? Mah, l'idea che ho è che in entrambi i casi ti devi far un gran culo lavorando il doppio di quanto non stia facendo oggi in italia, per sperare di sopravvivere. Poi forse dopo vent'anni potrò permettermi di non lavorare come un somaro tutti i santi giorni nella mia attività per non rischiare di vederla finire fallita, ma penso che arrivato a quel punto avrò già la nausea dei tropici.
Non sarebbe male mettere su una scuderia di mignottoni locali per danarosi turisti, ma dubito ci siano paesi dove tale attività sia legale, e se anche tale pratica fosse tollerata la malavita locale mi accorcerebbe drasticamente la mia speranza di vita.
L'unico businness per me interessante rimarrebbe quello dell'import-export, e qualche ideuzza (legale!!!!) l'avrei, peccato che mi manchi totalmente esperienza in tale ambito e pertanto anche qui il rischio d'impresa sarebbe elevatissimo.
No, potrei prendere in considerazione il grande salto del cambiar vita solo se fossi sicuro di non dovermi fare un culo così o rischiare un investimento che in caso di fallimento significherebbe far la fame là oppure qua, e la fame è sempre brutta in qualunque latitudine tu ti trova. Il passo di licenziarmi lo farei solo sapendo di non correre il rischio di rimpiangere la mia scelta... quindi per forza di cose dovrei disporre di una rendita che mi permetta di campare dignitosamente là, togliendomi anche qualche sfizio.
In molti posti tropicali la vita costa 1/3 o anche meno di quanto costi in italia.. ma comunque costa sempre! Ricordo quando per un paio di gg in thailandia mi trovai per un disguido con pochi soldi in tasca e fui trattato come un appestato.. "I'm sorry, no money no honey"! I soldi non ti daranno la felicità, ma ti possono far vivere molto bene e realizzare i tuoi sogni.
Ma poi, ripensandoci, che bisogno ho di andarmene da qua? Non sta abbastanza male per dare una svolta drastica alla mia vita, e poi non è che alla fine della fiera mi romperei i coglioni anche là . Infine non avrò moglie e figli, ma ho tanti cari affetti qui che mi dispiacerebbe perdere.
Ed ecco farsi sempre piu' spazio quella che chiamerò LA TERZA VIA: un piede qua e un piede là.
Salutare amici, familiari e puttane verso metà novembre, partire, e tornare verso metà marzo, dopo 4 mesetti.
8 mesi di lavoro in italia, accontentandosi nel frattempo di visitare italia ed europa, e poi via, a novembre si riparte!
Guarda caso, climaticamente parlando, il nostro periodo invernale corrisponde al miglior periodo di molte località tropicali...

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Analisi impeccabile. Se vai ai tropici e lavori... fine dei tropici.

Ho conosciuto due italiani che avevano un baretto, con annesse puttane, sotto il Tiger a Patong Beach. Ed erano stressati come se avessero avuto un bar a Milano/Bologna/Roma. Fornitori, magazzino, ordini, fatture, come in un lavoro qualsiasi. E le puttane? A quanto dicevano loro erano guai. Dovevi tenerle con le briglie come cavalli imbizzarriti, cercavano di fotterti il barfine, ti mollavano dall'oggi al domani per un altro baretto. Insomma, molto lontano dall'idea del padrone che oltre a testarle le ha tutte a disposizione.

E poi saresti comunque in uno stato meno civile del nostro; più corruzione, più ladri, minore legalità e minori garanzie. E gli autoctoni a cui soffi il business sarebbero molto più pericolosi di un qualsiasi concorrente, perchè giocano in casa, conoscono il sistema meglio di te.

Per me l'unico modo per trasferirsi è andare là con soldi sufficienti per non dovere lavorare.

Rastigat.

Vitellone ha detto...

GOD BLESS THE VERTICAL PART-TIME!

Anonimo ha detto...

D'accordo con Rasti, forse l'unica eccezione sono i paradisi tropicali di lusso, tipo Bermuda, Bahamas, etc...
Ma lì la vita costa più che da noi....
Quindi, si può solo andare a non lavorare.
Ma dopo un po' - credo - cominci a romperti pure di non fare un cazzo, oltre al disagio di essere sempre uno straniero, per non parlare degli altri problemi (corruzione, ladri, poca legalita........ poi che sia meno che in Italia è un altro discorso ;-)
Insomma, se da che mondo è mondo anche chi potrebbe andarsene rimane lontano va, al massimo, in Svizzera o a Montecarlo o resta nei centri storici delle città (i più ricchi), o si trasferisce in Maremma/Umbria/lago di Como o di Garda (i benestanti) o resta dove è sempre stato (gli altri - che pure avrebbero in buona parte la possibilità di andarsene dove c'è più figa, la vista costa meno, etc.) un motivo ci sarà, no?
AVV.

Dott. Spina ha detto...

Caro Avv, in realtà ce ne sono piu' di quanto tu pensi di pensionati che si sono trasferiti in paesi caldi, quantomeno per i mesi invernali. Se non sono tantissimi gli italiani che campano di rendita all'estero è per svariati motivi, i primi che mi vengono in mente oltre quelli da te citati:
- giovani con a disposizione una rendita vitalizia non ne conosco, se ce l'hanno saran già sicuramente pieni di troie nostrane qui a casa loro;
- quando raggiungi l'età in cui potresti smettere di lavorare e campare di rendita non te ne vai perchè a) spesso si ha un compagno/a o dei figli b)per fare molti soldi devi essere abile nel tuo lavoro, e alla fine si entra in un circolo vizioso in cui ci si sente piu' gratificati a lavorare piuttosto che godersi i soldi e basta, trasformando il lavoro da mezzo a fine c)a una certa età probabilmente viene a mancare lo spirito di adattamento e di avventura, si temono i cambiamenti d) a una certa età le condizioni di salute non sono piu' ottimali e si preferisce stare in paesi occidentalizzati per paura della sanità locale.
L'elenco potrebbe andare avanti per ore, ma già la stragrande maggioranza della popolazione rientra in queste categorie.
Io no. :-)
Ma in banca ho soldi sufficienti per campare solo 3-4 anni ai tropici, poi che faccio, mi metto a dare via il culo? :-P

Moralizzatore ha detto...

Il paradiso e' qua...in Italia...a casa nostra

SCOPOPAGANDO IS BACKING!

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