Interrompo il racconto di Rastigat per dare risalto a uno dei commenti piu' belli che abbia mai visto sul blog, quello di Er Sor Fabio, che non conosco di persona, e che fino ad oggi consideravo un coatto borgataro, età massima 20 anni.
E invece è in grado di stupirmi con un commento al post introduttivo di Rastigat, sull'imbarazzo nell'andare a puttane, che userò a mia discolpa quando finirò di fronte al tribunale dell'Inquisizione!
Bisognerebbe essere "de fero" per non provare un minimo di disagio
andando a puttane: siamo nati e cresciuti in una società che stigmatizza
il meretricio in sé.
La società comune, generale, è per l'ordinario, il non uscire dai canoni, per un lavoro sicuro, per passioni non troppo forti, per pensare poco e tirare avanti, per non porsi domande.
Così non è importante che da qualche parte nel mondo - sia la salaria, la camera da letto d'un appartamentino o un bordello straniero - possa esistere qualcuno che può renderti felice. Fossero 5 minuti o 5 ore, spendendo 5 euro o 500, per la morale bigotta che circonda le nostre vite, nella quale siamo risucchiati fin da bambini - che ci impone cosa dire, cosa fare, cosa pensare, cosa provare, per chi, come e perché - non importa che ci sia qualcuno che può farti felice con un pugno di banconote.
Bisognerebbe soffrire, rigar dritto nel grigiore d’un esistenza sempre uguale a se stessa. Sposarsi(!!!). Sei un puttaniere? Sei un fallito. Sei una puttana? Sei una puttana. Vi meritate tutto ciò che vi accade e ancor peggio. “ve la siete cercata”.
La nostra è una ricerca della felicità. È l’esser bambini andando a scoprire tesori sepolti nelle giungle di cemento delle città, nelle curve pericolose delle strade abbandonate, nelle terre straniere di cui abbiamo letto in qualche mappa del tesoro (il blog di Spina per esempio). Siamo moderni avventurieri alla ricerca dell’ignoto (la GFE/PSE definitiva, quella che ricorderai sul letto di morte).
Il pensar comune, come anche il nostro - di noi che andiamo a puttane - dovrà progredir molto nei valori dell’etica sociale per capire che le puttane, i puttanieri, il vender se stessi o, meglio, il comprar tempo di qualcuno che ci dona se stesso, vuol dire appagare un sentimento ancestrale. Dovrebbe esser normale come fare jogging. Non è così.
La prima volta che sono andato a puttane, a 17 anni, in autobus perché neppure il motorino avevo qui a Roma, mi sentivo davvero in imbarazzo e ho combinato poco. Ci sono voluti anni e tanti, tanti sforzi per ridurre un po’ quel sentimento d’inadeguatezza che si prova quando sai davvero che stai facendo qualcosa che non si dovrebbe fare.
E più sei sensibile e peggio sarà. Sempre.
A volte mi piace immaginare che, come si faceva una volta (o almeno così si racconta), se avessi un figlio, sarei io stesso, suo padre, a portarlo dalla prima puttana. Non si può schiacciare e imprigionare in rigidi binari un bisogno primario maschile come quello di riprodursi, far sesso, possedere una donna. E tutto nel nome del “corretto ben pensare”.
La società comune, generale, è per l'ordinario, il non uscire dai canoni, per un lavoro sicuro, per passioni non troppo forti, per pensare poco e tirare avanti, per non porsi domande.
Così non è importante che da qualche parte nel mondo - sia la salaria, la camera da letto d'un appartamentino o un bordello straniero - possa esistere qualcuno che può renderti felice. Fossero 5 minuti o 5 ore, spendendo 5 euro o 500, per la morale bigotta che circonda le nostre vite, nella quale siamo risucchiati fin da bambini - che ci impone cosa dire, cosa fare, cosa pensare, cosa provare, per chi, come e perché - non importa che ci sia qualcuno che può farti felice con un pugno di banconote.
Bisognerebbe soffrire, rigar dritto nel grigiore d’un esistenza sempre uguale a se stessa. Sposarsi(!!!). Sei un puttaniere? Sei un fallito. Sei una puttana? Sei una puttana. Vi meritate tutto ciò che vi accade e ancor peggio. “ve la siete cercata”.
La nostra è una ricerca della felicità. È l’esser bambini andando a scoprire tesori sepolti nelle giungle di cemento delle città, nelle curve pericolose delle strade abbandonate, nelle terre straniere di cui abbiamo letto in qualche mappa del tesoro (il blog di Spina per esempio). Siamo moderni avventurieri alla ricerca dell’ignoto (la GFE/PSE definitiva, quella che ricorderai sul letto di morte).
Il pensar comune, come anche il nostro - di noi che andiamo a puttane - dovrà progredir molto nei valori dell’etica sociale per capire che le puttane, i puttanieri, il vender se stessi o, meglio, il comprar tempo di qualcuno che ci dona se stesso, vuol dire appagare un sentimento ancestrale. Dovrebbe esser normale come fare jogging. Non è così.
La prima volta che sono andato a puttane, a 17 anni, in autobus perché neppure il motorino avevo qui a Roma, mi sentivo davvero in imbarazzo e ho combinato poco. Ci sono voluti anni e tanti, tanti sforzi per ridurre un po’ quel sentimento d’inadeguatezza che si prova quando sai davvero che stai facendo qualcosa che non si dovrebbe fare.
E più sei sensibile e peggio sarà. Sempre.
A volte mi piace immaginare che, come si faceva una volta (o almeno così si racconta), se avessi un figlio, sarei io stesso, suo padre, a portarlo dalla prima puttana. Non si può schiacciare e imprigionare in rigidi binari un bisogno primario maschile come quello di riprodursi, far sesso, possedere una donna. E tutto nel nome del “corretto ben pensare”.
5 commenti:
Eh beh sì, sticaxxi, Er Sor Fabio, sei passato da dei laconici "tutti a puttane" a questo commento meraviglioso.
Aggiungo che - come sempre - quelli che dettano al popolino la morale (cardinali, riccastri, politici) sono quelli che poi combinano le peggiori cose.
Fanculo.
Rastigat
grazie ragazzi, ma il merito è vostro che mi avete ispirato.
er sor fabio
@sor Fabio: non se siamo coetanei o giù di li, ma a 17 anni a Roma senza motorino era molto difficile avere successo con l'altro sesso (almeno quando li avevo io). Chissà ora con le minicar se si è creata la stessa situazione, e magari quelli col motorino vanno meno di moda.
ricordo una tizia che conobbi intorno a quell'età a una festa di capodanno.
mi mandò proprio fuori di testa quella sera.
successivamente mi feci dare il suo numero dalla sorella d'un amico, la chiamai e, dopo i saluti di rito, la sua prima domanda fu: "ma ce l'hai la macchina?"
er sor fabio
@sor Fabio: eh vabbè, anzi che è stata diretta e non subdola. Almeno sapevi subito chi avevi di fronte. Tutto tempo risparmiato da investire in altro. Nel cado anche soldi di benza da eventualmente destinare a troie :)
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